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Famiglie omogenitoriali e il riconoscimento dei figli

Nel 2016, in Italia, in occasione dell’approvazione della L. 20 maggio n. 76/2016 (Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze) e del contestuale dibattito sull’introduzione della adozione successiva (cd. “stepchild adoption”) riservata alle coppie omosessuali, gran fermento si creò intorno al tema dell’omogenitorialità. Il concetto di omogenitorialità è un neologismo inventato nel 1997 in Francia dall’ “Association des Parents et future parents Gays et Lesbiens”, per descrivere «tutte quelle situazioni familiari in cui (almeno) un* adult*, che si designa come omosessuale, è genitore di (almeno) un* bambin*».  Il termine è oggi definito come il legame, di diritto o di fatto, tra un* o più bambin* (sia figl* biologic* sia adottat*) e una coppia di persone omosessuali. L’omoparentalità non può generalmente verificarsi in maniera naturale, perciò è soggetta alle varie leggi nazionali, che talvolta la permettono e talvolta la proibiscono. L’approvazione di leggi che consentano alle coppie omosessuali di adottare o ottenere una prole grazie alla tecnologia medica, è stata da sempre osteggiata da partiti conservatori e da gruppi religiosi. In opposizione al desiderio di genitorialità espresso dalle coppie omosessuali, viene avanzato spesso l’argomento del “diritto” dei minori ad avere una “mamma” e un “papà”, contrapposto appunto al “diritto ad avere figli” da parte della coppia. L’argomento giuridico cardine che ha legittimato, sia a livello giurisdizionale che legislativo, l’adozione da parte di coppie omosessuali è legato al concetto del ” child best interest ” (il miglior interesse de* figl*) ad avere due figure genitoriali stabili. Ricerche accreditate presso la comunità scientifica evidenziano che i minori hanno principalmente bisogno di avere come genitori persone che si prendano cura di loro senza riserve ed in modo adeguato al di là del genere o sesso di appartenenza. Le coppie omosessuali non vantano perciò più diritto di quelle eterosessuali ad avere bambin* in adozione, ma rivendicano quello di non essere escluse a priori da tale possibilità solo in quanto omosessuali.

MA QUALI SONO LE MODALITÀ CHE CONSENTONO AD UNA COPPIA OMOSESSUALE DI AVERE UN* FIGLI* PROPRIO?

Quando si parla di “filiazione omoparentale” ci si riferisce ad una pluralità di modelli: 

– procreazione naturale;

– adozione, che può essere del singolo o congiunta; 

– tecniche di riproduzione assistita, omologhe o eterologhe. Queste ultime necessitano dell’utilizzo di una surrogazione genetica o strumentale (a seconda che sia donato l’ovulo, lo sperma o l’utero). 

Tali modelli sono soggetti alle varie legislazioni nazionali, per cui in alcuni paesi è possibile ricorrere a uno o più di questi metodi, mentre in molti altri è del tutto impossibile per una coppia omosessuale avere legalmente un figlio proprio.

QUALI SONO I RIMEDI IN ITALIA PER IL RICONOSCIMENTO DE* FIGL* DA PARTE DI FAMIGLIE OMOGENITORIALI?

PRIMO STRUMENTO: STEPCHILD ADOPTION

Sicuramente la strada più risalente, ma anche la più sicura grazie ad una giurisprudenza molto solida è la “Stepchild Adoption” o meglio l’adozione del figlio del partner.

In Italia, non è riconosciuta a livello legislativo. 

Si usa infatti l’art. 44 della legge n. 184/83 (“adozione in casi particolari”) la quale, tutela, nelle prime due lettere, il rapporto che si crea nel momento in cui il minore viene inserito in un nucleo familiare con cui in precedenza ha già sviluppato legami affettivi. Nelle altre due lettere, invece, la tutela è rivolta ai minori che si trovino in particolari situazioni di disagio.

I casi contemplati prevedono i seguenti scenari:

1) quando gli adottandi sono uniti al minore – orfano di padre e di madre – da vincolo di parentela fino al sesto grado o da rapporto stabile e duraturo preesistente alla perdita dei genitori;

2) quando un coniuge adotta il figlio, anche adottivo, dell’altro coniuge;

3) quando il minore è portatore di handicap e orfano di entrambi i genitori;

4) quando non sia possibile l’affidamento preadottivo.

L’iter procedurale termina con una sentenza che, una volta passata in giudicato, diviene definitiva cristallizzando l’adozione da parte della famiglia omogenitoriale.

Il riconoscimento della S. A.  è avvenuto per via giurisprudenziale, già dal 2014, prima della emanazione della legge sulle Unioni Civili. La novella del 2016, infatti, non interviene in tema di S.A. se non per prevedere espressamente che “resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti”, non impedendo così l’evoluzione giurisprudenziale che consente la possibilità da parte dei tribunali di applicare le norme sull’adozione in casi particolari che dal 2007 è ammessa anche in coppie non legate da vincolo matrimoniale e quindi anche a coppie omosessuali.

Nel 2014 il Tribunale dei Minori di Roma ha ritenuto che nessuna legge esprima il divieto per un genitore omosessuale di richiedere l’adozione del figlio del partner. “Considerando che l’obiettivo primario è il bene superiore del minore, è stato permesso ad una donna di adottare la figlia naturale della compagna.” Per questo caso il tribunale si basò sull’art. 44 della legge del 4 maggio 1983.

Con la sentenza n.12962/16, i giudici della Suprema Corte hanno affermato che “non determina in astratto un conflitto di interessi tra il genitore biologico e il minore adottando, ma richiede che l’eventuale conflitto sia accertato in concreto dal giudice”. Secondo la Cassazione, inoltre, questa adozione “prescinde da un preesistente stato di abbandono del minore e può essere ammessa sempreché, alla luce di una rigorosa indagine di fatto svolta dal giudice, realizzi effettivamente il preminente interesse del minore”.

ULTERIORI STRUMENTI DI RICONOSCIMENTO IN ITALIA

TRASCRIZIONE DI CERTIFICATI DI NASCITA ESTERI E RICONOSCIMENTO ALLA NASCITA DI FIGLI NATI IN ITALIA DA DUE MAMME (2017).

Grandi risultati sono stati raggiunti da questi due strumenti di riconoscimento alternativi alla S. A. in Italia, dal 2017 al 2019, andando a segnare il periodo come la “primavera dei diritti”, poi bruscamente terminata. L’arresto è stato provocato dalla Cassazione a S.U. con sentenze del 2019 e del 2020.

Con la sentenza n. 12193/ 2019, le S.U. hanno affermato il principio secondo cui non può essere trascritto nei registri dello Stato civile italiano il provvedimento reso da un giudice estero, col quale è stato accertato il rapporto di filiazione tra un minore, nato all’estero attraverso la maternità surrogata, e un soggetto che, rispetto al medesimo, non vanta alcun rapporto biologico.

Tale arresto, tuttavia, non esclude la possibilità di dare rilievo al rapporto genitoriale, ricorrendo alla Stepchild Adoption in Tribunale.

In un tempo dove la filiazione non è più esclusivamente sessuata, l’unico limite oggettivo ancora esistente alla concessione dell’adozione per le coppie omosessuali sembra essere ormai solo la valutazione dell’“impatto sul minore” che tanto nel dibattito sociale quanto in quello scientifico, divide i sostenitori dei “genitori sociali” dai “genitori biologici”, cioè coloro che sostengono la “volontà” e coloro che parteggiano per la “natura”.

FONTI:

Rivista AIC “OMOGENITORIALITÀ E FILIAZIONE TRA DIRITTO E SCIENZA” 2016 (Andrea Gatti)

Legge 4 maggio 1983, n. 184 “Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori” (gazzetta ufficiale)

Cass. n. 12962 del 22 giugno 2016

Cass. n. 12193 dell’8 maggio 2019

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