Le proteste in Bielorussia

Alle elezioni presidenziali bielorusse del 9 agosto 2020 è risultato vincitore, con l’80% dei voti, il già Presidente Aleksandr Lukashenko, contro un’opposizione che avrebbe ottenuto soltanto poco più del 10%. L’accusa è quella di aver ottenuto dei risultati manipolati a favore dell’ex Presidente uscente, l’esclusione dalle elezioni presidenziali di alcun* candidat* delle opposizioni e l’arresto di alcun* di loro. Nemmeno gli osservatori internazionali hanno giudicato le ultime elezioni e le elezioni precedenti come eque e libere. L’Unione europea non ha riconosciuto queste ultime elezioni. A questo si aggiungono accuse di negazionismo del COVID-19 da parte del presidente Lukashenko. 

Aleksandr Lukashenko ha cominciato il suo primo mandato nel 1994 con durata fino al 2001, in cui, dopo nuove elezioni, iniziò il suo secondo mandato. La Costituzione bielorussa ha sempre posto il limite di due mandati per il ruolo di Presidente della Repubblica, ma nel 2004 lo stesso Lukashenko propose un referendum per eliminare tale limite e i risultati delle votazioni furono positivi. Nel 2006, infatti, Lukashenko cominciò il suo terzo mandato, avendo vinto ancora una volta le elezioni. Gli oppositori fecero ricorso alla Corte costituzionale per presunti brogli, l’appello però fu respinto. 

Già nel 2006 a Minsk ci furono sfilate di centinaia di oppositor* che sventolavano bandiere dell’Unione europea e quelle con due strisce bianche separate da una rossa, ovvero quella che era stata la bandiera della Repubblica fino al 1995. Negli anni successivi Lukashenko ha continuato a vincere ogni elezione presidenziale e a rimanere in carica come Presidente, nonostante le manifestazioni e le denunce da parte delle opposizioni di aver ricevuto intimidazioni. 

Anche quest’anno Lukashenko rimane in carica, ma la cosa ha smosso nuovamente la popolazione, soprattutto perché i candidati ammessi alle elezioni sono stati soltanto 5, dopo l’esclusione di 10 candidati per motivi legali o procedurali, che per un alcuni di loro hanno compreso l’arresto. 

Svetlana Tikhanovskaya, principale sfidante di Lukashenko, passata da fare la casalinga ad essere una candidata politica quasi definita come una delle donne più potenti della Bielorussia, era fiduciosa in un tanto atteso cambiamento. Il marito di Tikhanovskaya, Sergei Tikhanowsky, era il principale sfidante di Lukashenko, insieme a Viktor Babaryko, con, stando ai sondaggi ufficiali, il 50% dei consensi. I due però sono stati arrestati ed è stato negato loro di partecipare alle elezioni, proprio per volere del presidente in uscita Lukashenko. 

La popolazione è scesa in strada in segno di protesta, tra loro anche il movimento pacifico delle “Donne in bianco”, in protesta alle violenze subite dai manifestanti, che si contraddistinguono per i vestiti bianchi e per tenere in mano dei fiori dello stesso colore; il loro scopo è chiedere il rilascio dei manifestanti detenuti e nuove elezioni oneste. 

La sera del 9 agosto 2020 i manifestanti bielorussi sono scesi per le strade accusando il Presidente Lukashenko di aver truccato le elezioni. Scende il buio sulla Bielorussia, letteralmente nel punto in cui, a Minsk, i manifestanti si erano dati appuntamento. L’accesso a internet è stato bloccato e la violenza è cominciata. Granate stordenti e a pallini di piombo, proiettili e proiettili di gomma, idranti, lacrimogeni e tanta violenza da parte della polizia, questo è quello che si sono ritrovati ad affrontare i manifestanti davanti al loro diritto sancito dalla Costituzione di esprimere il loro dissenso tramite una manifestazione. Alcune persone sono state portate con la forza all’interno di celle sovraffollate, sono state lasciate senza cibo per 24 ore e, quando ne hanno avanzato richiesta pur a loro spese è stato risposto loro “No t***e, ora capirete per chi votare.”. Sono stati posti loro documenti da firmare e quando hanno chiesto di poterli leggere è stato risposto loro “Te lo dico, t***a, firmalo, altrimenti ti stupro e ti metto in cella per altri 20 giorni.” I/le manifestanti sono stat* forzat* a restare mezzi nudi subendo le bastonate della polizia e altri tipi di violenze. Circa 8.122 manifestanti sono stat* detenut* e torturat*. La libertà di stampa è stata messa a tacere, penalizzando alcune emittenti nazionali e internazionali. Almeno 13 giornalisti internazionali sono stati arrestati e detenuti a Minsk. L’UE non riconosce i risultati ufficiali del voto, decretandoli come falsificati e non rispondenti ai criteri internazionali. Sono state previste sanzioni per i responsabili delle violazioni dei diritti civili e delle violenze, ma non si è arrivati a chiedere le dimissioni di Lukashenko o nuove elezioni nel paese. Lukashenko trova invece il sostegno del Presidente russo Vladimir Putin, il quale ha offerto interventi militari nel caso la situazione sfuggisse di mano. Intanto le proteste in Bielorussia continuano, la gente pretende elezioni giuste e libere e la cessazione delle violenze, mentre il Presidente continua a reprimere la popolazione e chiunque cerchi di mostrare quale sia realmente la situazione all’interno del paese.

Fonti BBC, Il Sole 24 Ore, Repubblica, Euronews

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