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Allevamenti intensivi: un danno per gli animali e per l’ambiente

Gli allevamenti intensivi sono una realtà diffusasi nel XX secolo con lo scopo di soddisfare la crescente richiesta di prodotti di origine animale (in particolare carne, uova e latticini) abbattendone i costi, in modo da renderli adatti al consumo di massa.
Inizialmente gli unici fattori che influivano sull’utilizzo degli allevamenti intensivi riguardavano esclusivamente l’abbattimento dei costi e la possibilità di produrre alimenti su scala industriale.

Soltanto negli anni ’90 sono state emanate dall’Unione europea alcune importanti norme con l’obiettivo di prendere in considerazione altri fattori come la tutela degli animali, l’impatto ambientale, l’igiene e la qualità dei prodotti finali.

Il processo che, negli ultimi anni, ha portato i prodotti degli allevamenti intensivi sulle nostre tavole è stato rapido e di una crescita esponenziale.


Oggi, infatti, la gran parte della carne, dei prodotti caseari e delle uova che si acquistano nei supermercati viene prodotta negli allevamenti intensivi.

Per questo motivo i membri di CIWF, Compassion in World Farming, hanno presentato una proposta di legge -insieme alla deputata LeU Rossella Muron– per introdurre nel nostro paese un’etichetta sul metodo di allevamento degli animali.

Infatti a diversi metodi di allevamento (biologico, all’aperto, intensivo…) corrispondono diversi standard di benessere degli animali e di sostenibilità ambientale.

Secondo i dati dell’ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale:

la seconda fonte di inquinamento atmosferico in Italia deriverebbe dagli allevamenti intensivi (circa il 17% dell’inquinamento totale).


Questi, infatti, influiscono sulla produzione di ammoniaca e gas serra (metano, anidride carbonica, protossido d’azoto…) nell’atmosfera terrestre.

A questi dati allarmanti vanno aggiunte le tristi realtà legate all’uso di farmaci sugli animali e le deforestazioni legate alla massiccia monocoltura di cereali e soia. Cereali e soia sono infatti destinati a divenire mangime e ad alimentare la spaventosa macchina degli allevamenti intensivi.

Secondo stime del 2019, ogni anno nel mondo vengono allevati 70 miliardi di animali (esclusi i pesci). Di questi, circa il 70% vive in sistemi intensivi.

Molti di loro non vedranno mai la luce del sole e vivranno in strette gabbie nelle quali non potranno neppure muoversi.

E la proposta di legge sulla provenienza degli animali?
Le settimane sono passate invano.
Per questo motivo, qualche settimana fa, i membri di CIWF Italia, insieme a ENPA, Green Peace e Legambiente hanno inviato una “lettera d’amore” alla Ministra delle politiche agricole Bellanova.

L’obiettivo era richiamare l’osservazione sulla proposta di maggio.

“Ci auguriamo che ora la Ministra Bellanova voglia aprire un nuovo capitolo per dare, citando sue parole, ‘lievito al futuro’, fornendo ai cittadini la possibilità di fare acquisti consapevoli basati su corrette informazioni. Noi siamo aperti e disponibili al dialogo”

concludono le associazioni.


E voi come accogliereste quest’introduzione?
Continuereste, pur conoscendone la provenienza, a comprare carne prodotta in allevamenti intensivi?

Fonti
https://www.repubblica.it/sapori/2020/08/31/news/allevamenti_intensivi_la_richiesta_delle_associazioni_per_un_etichetta_sul_benessere_animale-265890571/

https://www.ciwf.it/area-stampa/comunicati-stampa/2020/04/allevamenti-ministra-bellanova-apra-dialogo-con-associazioni-della-societa-civile-su-metodo-di-allevamento-in-etichetta

https://it.wikipedia.org/wiki/Allevamento_intensivo

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