Al momento stai visualizzando Tamponi, Test e Sequenziamento

Tamponi, Test e Sequenziamento


Elena Cattaneo, senatrice e docente dell’Università degli Studi di Milano, sostiene che bisognerebbe “conoscere vita, morte e miracoli del virus per combatterlo”, ed è quello che si cerca di fare da quando è scoppiata l’emergenza, ma si potrebbe fare qualcosa di più?
In Italia, all’apice dell’epidemia, gli sforzi sono stati concentrati, giustamente, sul salvare più vite umane possibile, in modo tale da cercare di limitare i danni. Ma oggi, che l’emergenza non è passata ma è sicuramente più controllata, l’Italia dovrebbe puntare di più sul sequenziamento del virus, così da guadagnare informazioni estremamente utili riguardanti la malattia. Per fornire dei dati: il 4 maggio le sequenze pubblicate da ricercator* italian* su Gsaid (una piattaforma ad accesso limitato) erano 69 su 16071 totali a livello mondiale; quelle pubblicate su GenBank (banca dati ad accesso pubblico) erano 7 su 2501.
“È grave e non si può rimediare, perché la fase acuta è passata” sostiene Vincenza Colonna, genetista e bioinformatica, facendo riferimento al mancato sequenziamento dei primi campioni e alla conseguente perdita di dati utili. Per di più, oggi mancano le linee guida per il sequenziamento del virus e un protocollo validato a livello nazionale, e questo complica ulteriormente le cose.
Sarebbero dunque necessari investimenti indirizzati, in modo da cercare di recuperare il terreno perso. Attualmente, tuttavia, si continua solo a parlare di tamponi e di test sierologici, lasciando da parte una terza parte che potrebbe risultare determinante.

Esistono diverse tipologie di tampone: quello utilizzato per identificare l’eventuale positività al COVID-19 è di tipo rinofaringeo. Come si può intuire dalla parola, è un tampone che preleva un campione di materiale biologico proveniente dal naso e dalla faringe (nel caso in cui il/la paziente sia positivo al virus, infatti, il muco sarà sicuramente infetto).

Una volta prelevato il campione, si procede cercando la presenza di RNA virale. Per fare ciò, è necessario innanzitutto svolgere la RT-PCR (Reverse Transcriptase-Polymerase Chain Reaction): è una tecnica di biologia molecolare che consente di sintetizzare una molecola di DNA, definita cDNA, a partire da una di RNA. Risulta essere particolarmente utile perché facilita lo studio dell’espressione genica, fondamentale per decretare l’esito del tampone. Oggi, la RT-PCR è fondamentale nella ricerca diagnostica delle malattie.

Per ottenere il risultato di un tampone possono volerci dalle 48 alle 72 ore. Attualmente, sono in fase di sviluppo e sperimentazione circa 200 test potenzialmente più rapidi da affiancare ai tamponi, che restano comunque il principale metodo di identificazione, come ribadisce il CTS: “In attesa di questi risultati, l’approccio standard rimane quello basato sulla ricerca dell’RNA virale nel tampone”

Come tutti sappiamo, esistono altre forme di controllo per verificare la presenza del COVID-19 in un essere umano. I più noti sono i test sierologici: essi sono strumenti che permettono di verificare lo sviluppo di anticorpi da parte del sistema immunitario del* paziente preso in esame, valutando quindi se l’organismo è entrato in contatto con la malattia.

Ad ogni modo, sia i tamponi che i test sierologici hanno delle limitazioni: i tamponi forniscono un risultato si/no, dando informazioni solo sul momento in cui viene fatto il test, mentre i test sierologici determinano l’eventuale contatto con la malattia ma non sono in grado di determinare quando il/la paziente è stat* effettivamente malat*. Cosa si potrebbe fare, quindi, per cercare di migliorare la situazione?

Conoscere la struttura primaria del virus, vale a dire la sequenza di amminoacidi che compone il suo genoma, è di vitale importanza ed è un processo che va sotto il nome di sequenziamento. Il primo riguardante la SARS-CoV-2 risale all’11 gennaio di quest’anno: e allora perché c’è ancora bisogno di portare a termine questo processo? Perché il virus, con il passare del tempo, muta: le mutazioni possono avere diverse nature, ma quello che importa è che vanno a cambiare la sopracitata struttura primaria, cambiando di conseguenza anche la malattia.

L’utilità del sequenziamento sta nei dati che può fornire alla comunità scientifica: consente di tracciare l’origine dei contagi (dando quindi la possibilità di capire come si è spostato il virus in questi mesi), di identificare nuovi ceppi (al momento solo sei sono conosciuti) e, conseguentemente, di identificare nuove mutazioni. Più campioni di genoma virale verranno sequenziati, più informazioni si avranno.

Fonti
https://www.nature.com/articles/d41586-020-01573-5
https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fmicb.2020.01800/full
https://www.aboutpharma.com/blog/2020/08/21/sequenziare-il-genoma-del-sars-cov2-litalia-e-in-ritardo/
https://www.aboutpharma.com/blog/2020/03/19/covid-19-e-efficace-solo-il-tampone-basato-sullidentificazione-dellrna-virale/
https://it.wikipedia.org/wiki/Reverse_transcriptase-polymerase_chain_reaction

Lascia un commento