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Lavoro produttivo e riproduttivo

Quando parliamo di parità di genere e uguaglianza sul posto di lavoro spesso ci dimentichiamo del “lavoro invisibile” che le donne portano avanti quotidianamente ma che, proprio perché invisibile, non viene pagato e anzi, dato per scontato. Ad oggi molte donne hanno lavori part-time e addirittura più della metà delle italiane non ha un lavoro retribuito, seppur sia un lavoro produttivo.

Cosa vuol dire? Facciamo un esempio.

Pensiamo che pulire casa, occuparsi de* figl*, cucinare e prendersi cura de* anziani non debba essere considerato lavoro produttivo. Eppure, se non sono le “donne di casa” a occuparsene spontaneamente, paghiamo altre persone (spesso altre donne), per farlo perché appunto si tratta di lavoro.

Paghiamo baby-sitter, colf, assistenti per anzian*, addett* alle pulizie e altre figure, spesso femminili, per portare a termine dei compiti che pensiamo debbano essere svolti “naturalmente” dalle femmine. (Anche) per questo le donne (e gli uomini) continuano a scendere in piazza ogni volta che non ci sono investimenti adeguati e misure specifiche per la parità di genere.

Il gender pay gap è solo la punta dell’iceberg di una discriminazione che inizia nella distinzione dei ruoli di genere nel lavoro produttivo.

Dire che nel 2020 il lavoro di cura è equamente distribuito significa essere incapaci di vedere le discriminazioni e non avere quindi gli strumenti per combatterle. Nonostante ad oggi molti uomini prendano parte al lavoro domestico, la stragrande maggioranza resta comunque sulle spalle delle donne e no, “aiutare” in casa non significa accollarsi questo lavoro invisibile.

Non stiamo parlando di piatti sporchi che vengono lavati, giochi serali con i/l* figl* o di spolverare le mensole della libreria. Parliamo di cura di anzian*, di persone con disabilità, di accudimento di bambin* che spesso ricadono sulle spalle delle donne.

Esiste un tipo di lavoro invisibile e considerato lavoro non produttivo. Vi rientrano mansioni come la cura della casa, della famiglia e delle relazioni. Si tratta del lavoro svolto gratuitamente dalle donne.

Qualche esempio? Pulizia della casa, preparazione dei pasti, spesa, cura di persone con disabilità e anzian* ma anche colloqui con insegnanti, accompagnamento de* figl* a scuola, ai centri ricreativi etc. 

Ancora oggi ricadono principalmente sulle donne, che devono integrarle con un lavoro.

Ma anche gli uomini aiutano!

Insomma

Partiamo con il dire che gli uomini non devono “aiutare” ma devono dividersi i compiti equamente. La gestione del* figli* e della casa riguarda anche loro. Quando si rientra a casa dal lavoro, si dovrà incastrare anche il lavoro domestico nell’arco della giornata.

In Italia, una donna dedica al lavoro domestico circa 5-3 ore al giorno. Un uomo 1/7.

La distribuzione non è ancora equa anche perchè nel 2020 il tasso di occupazione femminile è del 48%.

MALE BREADWINNER – FEMALE CAREGIVER

Ovvero: l’uomo porta il pane a casa e la donna si dedica alla cura.

Ancora oggi in Italia persiste questo modello rigido di divisione dei compiti in casa. Più della metà delle occupate risulta sovraccarica di lavoro (54,7%), cioè lavora per oltre 60 ore a settimana tra impegni di lavoro retribuito e non retribuito.

Con il Covid-19, le donne si sono sobbarcate ancora di più il lavoro di cura. Hanno dovuto incastrarlo con il telelavoro e lo smart working, arrivando anche a 7 ore quotidiane da dedicare alla cura (oltre a quelle impiegate per il lavoro retribuito a distanza).

Il sistema di lavoro è fondato sulla famiglia

Ed è sbagliato. 

Perchè dire “basato sulla famiglia” significa purtroppo dire “basato sul lavoro non retribuito delle donne”. L’ISTAT aveva evidenziato come il lavoro non retribuito svolto dalle donne aveva generato 6,5 MILIARDI di ORE di lavoro destinate alla cura di soggetti non autosufficienti. Il monte orario totale del lavoro di cura non retribuito (faccende domestiche, pulizia della casa, spesa etc) ammonterebbe a 50,7 MILIARDI DI ORE (non pagate) 

  • BASTAVA CHIEDERE! (ovvero il carico mentale)

Quando parliamo di questi temi spesso viene sollevata un’obiezione:

“beh, ma se alla donna pesa questo lavoro, basta che chieda ad altr* (tipo suo marito/figlio) di farlo al posto suo”.

Non funziona proprio così.

Di solito, le donne devono sempre avere presente gli orari delle attività de* figl*, le necessità della casa etc, e l’uomo arriva a svolgerle materialmente solo se gli viene richiesto. Il carico mentale è sempre presente, e non è assolutamente diviso al 50 e 50.

MA LE DONNE NON VOGLIONO ESSERE AIUTATE!

Questo è un problema. 

Ma è un problema che ha la stessa radice in ciò di cui stiamo parlando. Alcune hanno introiettato l’idea di dover essere delle “super mamme multitasking”, arrivando a pensare che “gli uomini non sono capaci. E se fanno qualcosa, la fanno male”.

Questo si accompagna a una giustificazione perpetua degli uomini, che quindi vengono visti come “incapaci” quando invece, semplicemente, sono “non abituati”.

  • IL FIL ROUGE DELL’IMMIGRAZIONE

Quando parliamo di lavoro di cura è importante ricordarsi di parlarne in modo intersezionale.

Nonostante sia vero che la maggior parte delle donne subisce il peso di un lavoro di cura non retribuito, molti lavori di questo tipo ad oggi, sono svolti da donne immigrate.

Per sopperire al carente intervento dello Stato, le famiglie bianche benestanti possono assumere colf, badanti e altre figure da pagare (ma non troppo), che devono prestarsi a turni di lavoro pesanti e con pochissime tutele. In Italia oggi, l’80% de* lavorator* di cura è straniera.

Per avere equità sul posto di lavoro serve partire anche dal rendere visibile questo lavoro sommerso, aiutando le donne ad alleggerire il peso del lavoro domestico non retribuito.

Questo lavoro non è “naturale”, ma deriva da divisioni rigide dei ruoli sociali, legate principalmente al genere di appartenenza.

Puntare a bonus per le famiglie non è abbastanza se prima non viene messa in luce la quantità di ore di lavoro non retribuito delle donne.

FONTI

Ma quanto lavoriamo?  http://www.ingenere.it/en/node/7234

“Shecession”, il rischio recessione delle donne per la pandemia:

https://www.ansa.it/canale_lifestyle/notizie/societa_diritti/2020/10/10/shecession-il-rischio-recessione-delle-donne-per-la-pandemia_d328d807-a4df-4714-b4f1-07b03c049e3b.html

Parità domestica: le donne in casa lavorano più del doppio degli uomini: https://www.nonsprecare.it/lavori-di-casa-e-se-li-dividessimo-tra-uomo-e-donna?refresh_cens

Bisogna parlare del lavoro domestico non retribuito: http://www.softrevolutionzine.org/2017/lavoro-non-retribuito/

La vita oltre la pandemia: https://nonunadimeno.wordpress.com/2020/04/

Bastava chiedere è la frase che ogni donna è stufa di sentirsi dire e queste vignette lo dimostrano: https://www.huffingtonpost.it/entry/bastava-chiedere-e-la-frase-che-ogni-donna-e-stufa-di-sentirsi-dire-e-queste-vignette-lo-dimostrano_it_5dfba7ece4b006dceaaa7ac4

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