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Linguaggio bellico in amore

Se parliamo di linguaggio bellico in amore, ci saltano alla memoria le parole che nel suo scritto “Amores”, il grande Ovidio disse

“Quae bello est habilis, Veneri quoque convenit aetas

ovvero

l’età che è abile alla guerra (quindi la giovinezza), si addice anche a Venere (all’amore)”.

Ovidio

Questo è uno dei tanti parallelismi che spesso troviamo nella letteratura, nell’epica e nei modi di dire in cui vengono comparati amore e guerra, come se essi fossero due facce della stessa medaglia.

Come se la passione e il dolore fossero elementi correlati. Il linguaggio bellico deve separarsi dall’amore.

Fortunatamente non è così, come non è vero che si può amare soltanto da giovani (…mi spiace Ovidio). 

Nella nostra cultura, si parla sempre di amore nello stesso modo, come se ci fosse un’unica forma d’amore.

Infatti, anche se non lo menzioniamo mai, facciamo sempre riferimento ad un modello eteroallomonocentrico, ovvero alla coppia eterosessuale monogama in cui è sempre presente un forte desiderio sessuale. 

Questa passione ci viene raccontata come un sentimento travolgente, impetuoso e soprattutto irrazionale.

Grazie a questa premessa, già di per sé limitante, si sono poi romanticizzati i conflitti che possono scaturire all’interno della coppia.

Rabbia e gelosia sono, secondo questa narrazione, prove di forte sentimento reciproco.

Del resto si sa, “l’amore non è bello, se non è litigarello”.

L’amore così diventa un campo di battaglia in cui gli/l* innamorat* si affrontano a colpi di “passione” (un termine ormai troppo ambiguo) in cui c’è sempre chi rincorre e chi fugge, chi conquista e chi si arrende, chi vive e chi muore.

Si sa, in amore e in guerra tutto è permesso. E il linguaggio bellico?

Senza una valida educazione all’affettività, anziché cercare di correggere i nostri errori abbiamo trovato un modo per legittimarli, per giustificarci.

La nascita di una relazione, che dovrebbe scaturire dal consenso e dal dialogo sincero (grandi assenti in questa versione bellica dell’amore) diventa una conquista.

La possessività diventa protezione e la violenza diventa semplicemente “troppo amore”.

Il modo in cui due o più persone, di qualunque genere, vivono il loro amore dovrebbe essere libero di esprimersi in mille modi differenti, senza armi trincee e fortezze, bensì con rispetto consenso ed empatia. 

In amore siamo abituat* ad utilizzare un linguaggio bellico. Abbiamo costruito una narrazione che lega pericolosamente passione e conflitto.

Una retorica che traspare in maniera evidente anche nel nostro linguaggio.

Vediamo degli esempi:

“Conquisterò il tuo amore/il cuore”

“Conquistare” significa ridurre in proprio possesso, prendere attraverso uno scontro quindi senza il consenso dell’altra parte.

“In amore vince chi fugge”

In amore bisogna sempre creare una tensione tra le due parti, nulla deve essere facile.

C’è chi scappa e chi rincorre perché la seduzione deve essere sempre una sfida.

FALSO!!!!

“io indosso una corazza”

In amore non siamo abituati al dialogo e al confronto, quindi restiamo ferit* e la volta dopo ci tuteliamo.

Abbiamo naturalizzato così tanto questo processo che ormai ci sembra scontato.

Dovrebbe però esserci la possibilità di cercare l’amore senza elmo e armatura.

“Arrendersi all’amore”

La resa è ciò che avviene dopo una lunga resistenza, quando si depongono le armi e si ammette la propria sconfitta.

“Io ti devo proteggere”

Da cosa esattamente dobbiamo avere protezione?

E chi non ha un* partner da chi si fa proteggere?

Smettiamola di riconoscerci come individui completi soltanto quando all’interno di una relazione. Da questa retorica, inoltre, possono nascere dinamiche di potere e gelosia estremamente rischiose in cui una parte rischia di imporsi sull’altra fino addirittura a limitarne la libertà.

Questo non ha nulla a che vedere con l’amore, ma se si mantiene una narrazione che confonde passione e possesso questa distinzione farà sempre fatica ad emergere.

FONTI

Priulla, Graziella. Parole tossiche: cronache di ordinario sessismo (2014)

Lanfranco, Monica. Crescere Uomini. Le parole dei ragazzi su sessualità, pornografia e sessismo (2019)

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