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Pay gap sulla base dell’orientamento sessuale

Essere omosessuale conviene o non conviene? A questa strana domanda hanno cercato di rispondere gli studi condotti sulle differenze di stipendio tra persone omosessuali e persone eterosessuali.

Per molti anni è stato osservato che la comunità LGBTQ+ percepiva uno stipendio inferiore rispetto alle persone eterosessuali, il c.d. gay wage gap, ma uno studio recente condotto negli USA mostrerebbe che gli uomini e le donne cisgender gay guadagnano più de* collegh* etero. Le persone trans, secondo comprovata letteratura, subiscono invece un gap salariale nettamente negativo e si registra una maggiore percentuale di persone che vivono in condizioni di povertà.

Una premessa fondamentale: si tratta di un primo studio la cui validità si esaurisce nel contesto in cui è stato condotto, ovvero negli USA. Ricerche di questo tipo sono difficili da condurre per via della difficoltà di raccogliere i dati e delle molteplici variabili che influenzano i risultati (il contesto, ad esempio, influisce sull’essere o meno dichiarati). 

L’aspetto interessante dello studio è però la sua precisione nel campionare soggetti la cui unica differenza è l’orientamento sessuale, riducendo così il numero di possibili interpretazioni. Molte altre dimensioni potrebbero essere spunto di riflessione, come la media generale di tutti i salari, il sostegno familiare, la distribuzione dei redditi, la percentuale di persone che vivono in condizioni di povertà e gli avanzamenti di carriera. Inoltre, nell’analisi della relazione tra lavoro e orientamento sessuale è interessante osservare in quali settori vi è una maggiore presenza della comunità LGBTQ+, interrogarsi sul perché e riflettere sul danno dello stigma e della pressione sociale che insopportabilmente ricollegano, ad esempio, la persona gay a determinati lavori con il pregiudizio di una maggiore femminilità (compiendo quindi due associazioni errate).

Uno studio del 2017 proverebbe che, nell’ampio campione americano osservato, uomini e donne gay cisgender guadagnano il 10% in più de* collegh* etero a parità di educazione, esperienza e posizione occupata. Studi precedenti avevano già dimostrato che le donne lesbiche ricevono un premium salariale, ma non era ancora emersa la stessa tendenza per gli uomini gay. 

Non bisogna affrettarsi nel giudicare come positiva la notizia: se il presupposto ideologico desiderabile è che l’orientamento sessuale non influenza le capacità individuali, il gap salariale dovrebbe essere nullo. Come si spiega allora questa scoperta?

I dati non parlano da soli, vanno infatti letti e interpretati partendo da ipotesi. Si può speculare con pregiudizi e generalizzazioni sostenendo che questo premium salariale sia dovuto ad una maggiore dedizione o impegno, alias che le persone omosessuali effettivamente meritino di guadagnare di più. Rifiutiamo però questa lettura basata più su idee ed errate percezioni che su studi confermati.

L’interpretazione che suggeriamo è che le persone omosessuali vengano viste come prive di esigenze familiari e per questo maggiormente focalizzate sul lavoro, senza “distrazioni” o allontanamenti; le necessità private, legate ad un* eventuale partner o figl*, verrebbero viste come improbabili e questo le premierebbe. Al di là dell’aderenza alla realtà di questo preconcetto, il dramma è che il sistema-lavoro è ancora incapace di far conciliare vita privata e vita lavorativa, talvolta costringendo a insopportabili privazioni. 

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