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SHAMSIA HASSANI: LA PRIMA STREET ARTIST AFGANA

L’Afghanistan è ad oggi uno dei paesi più poveri al mondo, soltanto il 15% delle donne sa leggere e scrivere. Le ragazze sono costrette a sposarsi precocemente, spesso prima dei 14 anni, a subire violenze sessuali e soprusi di ogni tipo. Sono ancora considerate proprietà degli uomini a tutti gli effetti. 

Non si deve pensare però che in Afghanistan, così come in tutto il Medio Oriente, le donne non stiano cercando di cambiare la propria condizione, seppure a piccoli passi.

Alcune di loro cercano di fare la differenza con metodi di protesta poco consueti, una fra loro è Shamsia Hassani. 

Shamsia Hassani è una street artist di origini afghane. Nasce a Teheran (Iran), ma in quanto priva di cittadinanza non può accedere agli studi artistici. Nel 2005 decide di tornare a Kabul dove, completata la carriera universitaria, diventa la docente più giovane di scultura all’Università di Kabul.

Nel 2010 segue un corso di street art tenuto nella sua città dall’artista britannico Chu, ma è poi lo stile di Bansky a lasciare su di lei l’impronta più forte. Da anni esprime il desiderio di collaborare personalmente con lui. Vede nella creazione di graffiti una forma di espressione nuova, pressoché inesistente in Afghanistan, oltre che molto più economica degli acquerelli. 

Shamsia e Kabul

Sceglie Kabul come luogo dove realizzare le sue opere, per raggiungere il maggior numero di persone possibili. Qui spesso non si può uscire di notte, di giorno i bombardamenti rendono impossibile la realizzazione delle sue opere e alcuni quartieri sono inaccessibili a causa delle mine antiuomo.

Spesso la popolazione si oppone quando la vede dipingere e la invita ad andare via. Non è consono, secondo la legge islamica, che le donne stiano per strada da sole.

Con le sue opere copre i fori dei proiettili sui muri e dipinge su edifici distrutti dalle bombe, usando colori molto accesi perché tutti li notino. Vuole denunciare le condizioni di vita delle donne e raccontare delle loro lotte per la libertà: nelle sue rappresentazioni, infatti, le donne hanno il burka o l’hijab e danzano, suonano, cantano.

Shamsia in Italia

Chiamata in Italia in occasione della Biennale di Firenze, dipinge su un muro di una scuola superiore una donna con gli occhi chiusi e senza labbra, come a voler significare la sua impossibilità di comunicare con l’esterno. Una delle due braccia è raffigurata come i tasti di un pianoforte e le dita della figura si sfiorano tra loro, richiamando alla memoria l’opera di Michelangelo “Creazione di Adamo”, affresco della Cappella Sistina.

In una sua intervista ha detto: “Voglio rendere l’Afghanistan famoso per l’arte, non per la guerra. Voglio usare i miei quadri per ricordare alla gente del valore delle donne. Le sto dipingendo grandissime. Vorrei dire alla gente: guardateci in modo diverso”

Recentemente si è vista costretta a lasciare la sua terra per la sua stessa incolumità a causa della guerra. Non riesce comunque a rassegnarsi a questo, continua a ripetere che quella è casa sua e sente il bisogno di tornarci. Racconta: “Qualche mese fa ho lasciato la mia terra, l’Afghanistan, per sopravvivere, avevo il cuore spezzato. Il mio corpo è salvo, ma la mia anima è ancora a Kabul”.

Fonti: 

www.actionaid.it

Shamsia Hassani – Official Website

Shamsia Hassani – Wikipedia

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