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Il relativismo dei diritti umani

Quando si parla di “diritti umani” ci riferiamo a tutta quella serie di diritti che ogni essere umano possiede, quali il diritto alla:

  • libertà di espressione
  • libertà di culto
  • salute
  • educazione ecc.

Dobbiamo però riconoscere che essi sono relativi, e non assoluti e indiscutibili, ma diversi da popolo a popolo e da epoca a epoca.

Alcun* studios*, tra cui Robert Vachon (filosofo e sociologo), definiscono i diritti stessi come un concetto Occidentale.

Quando, nel 1948, fu presentata all’Onu la “Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo” questa non fu né votata all’unanimità né sostenuta da tutti gli Stati membri.

Addirittura Cina e Russia la definirono “uno strumento Occidentale per impicciarsi nei loro affari interni”.

Negli anni seguenti, in risposta ne furono redatte altre che tenevano in considerazioni aspetti completamente diversi. 

Nel 1981 arrivò la prima, la “Dichiarazione islamica dei diritti dell’uomo” che diventò poi “Carta araba dei diritti dell’uomo”.

Strettamente collegata con i valori islamici, fu ritenuta incompatibile con quella dell’Onu per alcuni articoli relativi ai diritti delle donne e perché sosteneva apertamente la pena di morte.

Dal 2007 esiste anche la “Dichiarazione dei diritti dei popoli indigeni”, accettata dall’Onu.

Essa sottolinea il diritto dei popoli indigeni ad autodeterminarsi, il diritto ad avere un proprio territorio senza essere cacciati e il diritto a mantenere e tutelare le loro origini, tradizioni, istituzioni e tecniche di guarigione.

Una differenza interessante è il soggetto a cui si rivolgono: nella Dichiarazione Onu si parla dei diritti dell’individuo.

Nella Dichiarazione islamica si parla dei diritti de* cittadin*.

Nella Dichiarazione indigena si parla di diritti dei popoli. Già questo sottolinea la differenza tra una visione dei diritti individualista e una collettiva.

Se consideriamo i diritti umani come strumento per salvaguardare e tutelare tutt*, un’imposizione di questi non può essere che definita controproducente.

Ma cosa sono i diritti umani?

Sono i diritti fondamentali e irrinunciabili che ogni essere umano ha in quanto tale.

Diversi popoli e culture hanno, però, un’idea diversa di quelli che sono i diritti che un essere umano naturalmente detiene: per alcuni la proprietà privata lo è, per altri no.

Per questo motivo si parla di “relativismo dei diritti umani”, cioè l’idea che nessuna verità sia assoluta o indiscutibile in materia di diritti.

La“Dichiarazione universale dei diritti umani! dell’Onu del 1948 non fu né votata all’unanimità, né tutti gli Stati la vollero sottoscrivere.

La Cina e Russia si schierarono apertamente contro di essa pensando che fosse uno strumento per legittimare eventuali intromissioni future da parte di Stati, come Usa.

Negli anni seguenti sono state sottoscritte altre Dichiarazioni dei diritti umani da parte di popoli non Occidentali, che volevano rimarcare in queste carte la loro diversa visione di quali fossero i diritti inviolabili di ognun*.

La Carta araba dei diritti umani del 1981, firmata dalla Lega degli Stati Arabi, sancisce i diritti dell’individuo in rapporto all’Islam.

Essa contempla la pena di morte, la libertà di professare qualsiasi culto e la tutela dei diritti delle donne e delle bambine. Non viene riconosciuta dall’Onu, né è particolarmente rispettata dagli stessi Stati firmatari.

La “Dichiarazione dei diritti dei popoli indigeni” tiene conto della specificità storica di queste comunità.

Alla base vi è il diritto

  • all’autodeterminazione dei popoli
  • alla tutela delle proprie radici e tradizioni
  • ad avere una propria terra e a non essere cacciat*.

Le tre carte si rivolgono a tre soggetti diversi.

La Carta Onu si rivolge agli individui, chiaro esempio dei principi liberali e individualisti dell’Occidente

La carta Araba si rivolge al* cittadin*, tenendo conto della specifica dimensione stato-suddito-fedele

La Carta dei popoli Indigeni si rivolge a tutti i popoli, evidenziando l’importanza della collettività nella loro cultura.

“Si parla di introdurre aggiustamenti ai nostri codici per proporli a donne e a uomini di altre culture. Potrebbe questo essere un primo passo importante in vista di un dialogo. Però forse non abbiamo posto sufficiente attenzione al fatto che non tutte le culture hanno affidato ai diritti e alle leggi il punto di riferimento del proprio comportamento sociale e individuale.”

Chiaregatti e Amoroso, InterCulture22

Fonti:

La Dichiarazione universale dei diritti umani

La Carta Araba dei diritti dell’Uomo

Dichiarazione dei diritti dei popoli Indigeni

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