Nel 2012 Elijah Anderson (uno degli etnografi urbani di maggior spicco negli USA) scrisse “The iconic ghetto”.
Nel testo, affermava che molti americani associano il ghetto al luogo dove “vivono i neri”, simbolo di un’area urbana caotica, degradata, senza legge e con un alto traffico di droga, dove regna la violenza.
Pertanto, pensando alla “gente nera” immaginano individui immorali, tossicodipendenti e malviventi che meritano il pregiudizio e la discriminazione.
Secondo Anderson, l’istituzione del ghetto esiste ancora e favorisce la concezione che sia quello il posto dei neri, non la società di classe media. La maggior parte degli americani neri però non proviene dal ghetto e per legge ha accesso alle stesse opportunità di studio e di lavoro dei “bianchi”.
Tuttavia, poichè il “ghetto” ha acquisito uno status iconico, agisce come una forma mentis. In pratica, le persone nere di ogni estrazione sociale, prima di qualsiasi cosa, si trovano a dover dimostrare di non appartenere al ghetto.
A volte però le discriminazioni possono trasmettere la sensazione di essere stati “sciocchi” a credere di far parte integrante della società.
Come confutare il ghetto?
Secondo Anderson, le persone nere di classe media possono convincere gli altri dell’infondatezza di simili valutazioni, ma il problema è di più difficile risoluzione per i neri di estrazione più bassa. L’idea che le persone nere abbiano un “posto” specifico nella società – il ghetto – è tuttora parte dell’immaginario collettivo.
Nonostante la presenza di persone nere in ogni classe sociale e in ogni quartiere, il ghetto iconico porta alla continua stigmatizzazione delle persone dalla pelle scura, trattandole come “pericolosi estranei”.
Fonti
Il libro della sociologia – Gribaudo, “The iconic ghetto” (Anderson)