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VICTIM BLAMING: LA COLPA NON È DELLA VITTIMA

COS’É IL VICTIM BLAMING?

Il fenomeno del victim blaming consiste nella colpevolizzazione della vittima per il comportamento illegittimo che ha subito, in particolar modo molestie, violenze sessuali, stupri, fino ad arrivare all’omicidio (femminicidio, nella maggior parte dei casi). Nello specifico, la colpevolizzazione avviene concentrandosi su cosa possa aver fatto la vittima per agevolare il reato, anziché sul reale atto di chi l’ha commesso. Accuse di questo tipo insinuano nella vittima dubbi su ciò che è realmente accaduto, facendola sentire responsabile per ciò che ha subito – e tutte le conseguenze psicologiche che questo comporta. Si punta il dito su chi ha subito la violenza, ma la responsabilità non è mai della vittima.

«Com’era vestita? Era ubriaca? Chissà cosa ha fatto per provocarlo! Se l’è cercata!»

Quante volte ci è capitato di sentire domande e affermazioni di questo tipo? 

Questo è il victim blaming.

QUALCHE SPUNTO SCIENTIFICO

Il professore di Psicologia Sociale Melvin Lerner spiega questo fenomeno tramite l’ipotesi del mondo giusto: la credenza che le persone abbiano quello che si meritano. Secondo questa teoria, infatti, chi reagisce in questo modo pensa che non possa mai subire un qualsiasi episodio spiacevole, in quanto si ritiene di fare sempre la cosa giusta. La reazione di queste persone aiuta inconsapevolmente a sedare l’ansia che assale quando ci si rende conto che le cose brutte accadono, talvolta senza una ragione, anche alle persone che si comportano bene. In altre parole: c’è una ragione psicologica che porta diverse persone a colpevolizzare la vittima. Tuttavia, questa non può essere una scusante.

UN PO’ DI STORIA

Nel 1999, in Italia, in quella che è diventata la famosa “sentenza dei jeans”, la Corte di Cassazione aveva negato una violenza sessuale perché la ragazza vittima indossava i jeans. Secondo la sentenza, essendo “dato di comune esperienza” che non sia possibile sfilare i jeans “nemmeno in parte, senza la fattiva collaborazione di chi li porta”, venne ritenuto che tra i due ci fosse stato un rapporto consenziente.

Nel Luglio 2018, sempre in Italia, in relazione a un caso di stupro di gruppo, la Corte di Cassazione ha stabilito che, se la vittima di stupro ha volontariamente assunto bevande alcoliche, non si può aggiungere l’aggravante del ricorso a sostanze alcoliche e stupefacenti in un’accusa di stupro. Il messaggio che moltз hanno recepito è che la vittima sceglierebbe volontariamente di mettersi in una situazione pericolosa.

Lo stesso anno, in Irlanda, un ragazzo accusato di stupro è stato assolto perché la vittima indossava un perizoma. Questa decisione ha dato vita a una rivoluzione che, sotto l’hashtag #ThisIsNotConsent, ha portato i manifestanti a brandire il proprio intimo “provocante” e urlare per le strade e sui social che una mutanda di pizzo non equivale al consenso.

IL CASO CILENO

In Cile, davanti alla Corte Suprema di Santiago, una schiera di donne si è riunita per realizzare un flash-mob femminista: in centinaia all’unisono hanno intonato un inno emozionante, un grido contro il patriarcato che domina la società e l’impunità che ne consegue.

In Cile, infatti, vengono riportati 42 casi di abuso sessuale al giorno (quasi 2 all’ora), e solo l’8% di tutti i casi di stupro denunciati viene condannato: il 92% rimane quindi impunito. La canzone, intitolata “Un violador en tu camino, el violador eres tú” (“Uno stupratore sulla tua strada, lo stupratore sei tu”), vuole quindi accusare il fallimento da parte del sistema giudiziario di proteggere le donne e tutelare i loro diritti, ma vuole anche parlare della cultura della violenza che ancora oggi è intrinseca nella società: dalla normalizzazione dell’atto fino all’umiliazione, spesso colpevolizzante, che viene inflitta alle donne dopo la denuncia.

“Y la culpa no era mía, ni dónde estaba, ni cómo vestía”

“La colpa non era mia, né per dove mi trovavo, né per com’ero vestita”

ALCUNE PRECISAZIONI

Sebbene la maggior parte dei casi di victim blaming si riferisca a vittime di genere femminile, è importante precisare che – qualunque sia l’identità di genere della vittima – la colpevolazzione di quest’ultima è sempre sbagliata. Nessuna vittima è responsabile per ciò che ha subito. La colpa di uno stupro non è della vittima, ma di chi stupra. La colpa di una molestia non è della vittima, ma di chi molesta. La colpa di un’aggressione non è della vittima, ma di chi aggredisce. La colpa di un femminicidio non è della vittima, ma di chi uccide.

FONTI
“Parità in pillole” (Irene Facheris, Rizzoli 2020)
https://www.bossy.it/victim-blaming-quando-e-colpa-della-vittima.html
https://www.lifegate.it/un-violador-en-tu-camino-donne-violenza-cile

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