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Lavoro e violenza domestica durante il Covid

TW violenza domestica su donne e persone della comunità LGBTIQ+

Le misure di lockdown e lo stato di emergenza che abbiamo vissuto negli ultimi mesi a causa della pandemia sono certamente un’esperienza significativa per l’intera società, non solo quella Italiana ma per quella mondiale. E’ una problematica che tocca tuttɜ indipendentemente, che si sia in una posizione privilegiata o meno ma che allo stesso tempo incide nella crescita delle disparità. 

La prima questione che tratteremo è quella di genere: se in Italia prima della pandemia il gender gap (parlando solo di uomini e donne cisgender) era rispecchiato da dati preoccupanti, quelli emersi a inizio 2021 spaventano decisamente di più. Infatti il 98% dei posti di lavoro persi nel corso della pandemia erano di donne, in moltissime sono state costrette a licenziarsi per prendersi cura deɜ bambinɜ, di persone con disabilità e deɜ anzianɜ che in questo periodo hanno visto un drastico calo dell’assistenza a loro dedicata; moltissime altre sono state invece vittime di licenziamenti, perché le donne sono maggiormente occupate nei servizi e in lavori precari in cui è stato possibile non rinnovare i contratti nonostante il blocco dei licenziamenti. L’Italia nel 2021 sarebbe uno dei Paesi con il minor numero di donne che lavorano e soprattutto che ricoprono ruoli dirigenziali nelle aziende: se in Europa corrispondono al 21% in Italia sono il 18%, percentuale di molto inferiore anche a quella mondiale (26%).

Un’altra fascia molto colpita è stata quella deɜ occupatɜ tra i 25 e i 34 anni che sono diminuitɜ del 6,4% e lɜ under 24 del 14,7%. Il dato più preoccupante è quello relativo aɜ inattivɜ, che sono aumentatɜ del 5,4%, e deɜ giovani (+9%) che non stanno nemmeno cercando lavoro, scoraggiatɜ dalla difficoltà della situazione. A causa della mancanza di lavoro dovuta alla situazione pandemica è ovviamente aumentata anche la popolazione sotto la fascia della povertà assoluta che in italia ha raggiunto il dato più alto degli ultimi 15 anni.

L’emergenza sanitaria ha avuto ripercussioni molto forti anche sul fenomeno della violenza contro le donne e le persone facenti parte della comunità LGBTIQ+, soprattutto in ambito domestico. Emerge dai dati che le chiamate al numero antiviolenza nell’arco di tempo che va da marzo a giugno 2020 (quello più fortemente condizionato dalle limitazioni) sono aumentate di circa il 120% rispetto allo stesso periodo nell’anno precedente.

Delle chiamate effettuate al 1522 la quasi totalità arriva da donne di nazionalità italiana, eterosessuali, senza disabilità che vogliono segnalare una violenza di cui sono vittime: moltissime donne sono state costrette a ritirare la denuncia per motivi economici perché rimaste disoccupate dopo l’inizio della pandemia. 

I dati sopra riportati risultano quindi particolarmente significativi, perché la mancanza di indipendenza economica delle donne agevola i fenomeni di violenza contro le stesse e le restrizioni adottate dall’inizio della pandemia hanno contribuito ad aumentare drasticamente lo spread (differenziale) del gender gap. Inoltre Fabrizio Marrazzo, responsabile della Gay Help Line ha reso noto un dato importante dicendo che: “allarmante, nell’ultimo anno, è il dato sulle violenze e gli abusi pari al 25% che registra un incremento del 9% rispetto all’anno precedente. Il dato durante l’emergenza Covid-19 è cresciuto sino al 40% per gli adolescenti. Di questi casi meno di 1 adolescente su 60 pensa di denunciare”. Infatti nonostante l’OMS abbia dichiarato il 17 Maggio 1990 che l’omosessualità non è una malattia, le discriminazioni e le violenze nei confronti delle persone appartenenti alla comunità LGBTQ+ avvengono continuamente e non vengono punite o limitate in alcun modo: perchè questo avvenga, è in atto la discussione in Senato sull’approvazione del DDL Zan. 

Vuoi saperne di più sul DDL Zan? 

Leggi il nostro articolo a riguardo:

Fonti:

Dati ISTAT

https://www.instagram.com/torcha/?hl=it

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