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Armi fuori! Italia, Europa e disarmo 

In un contesto geopolitico instabile, lз leader internazionali hanno scelto di andare contro la strategia del disarmo. Disarmare significa letteralmente “togliere le armi, privare delle armi”, aOSU Jerseys florida jersey College Football Jerseys detroit lions jersey,green bay packers jersey,eagles kelly green jersey,jersey san francisco 49ers brandon aiyuk jersey penn state jersey florida state football jersey colleges in new jersey colleges in new jersey colleges in new jersey fsu jersey custom ohio state jersey ohio state jersey oregon ducks jersey College Football Jerseyszione contraria alle tendenze di questi giorni. La deterrenza può essere considerata come il contrario del disarmo, e ha costituito il pilastro delle politiche degli Stati Nucleari. La deterrenza, quindi intesa come nucleare, si fonda sulla minaccia di “distruzione reciproca garantita” (MAD-Mutual Assured Destruction), ma con l’evolversi della tecnologia, si estende ad altri tipi di armamento. 

Nella guerra in Ucraina e in Palestina, per non parlare di tutte le altre guerre, i Paesi europei – tra cui anche l’Italia – sono direttamente coinvolti nell’industria militare più che nella mediazione internazionale. In generale, le spese militari sono cresciute del 90% dal 2001 al 2020. Di conseguenza, le principali aziende di produzione di armamenti hanno avuto un balzo in borsa di più del 30%, soprattutto da quando le prime notizie della guerra in Ucraina sono state diffuse. In risposta alla guerra, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha addirittura annunciato che l’UE finanzierà, per la prima volta in assoluto, l’acquisto e la consegna di armi ad un paese sotto attacco.

L’Italia produce un sacco di “armi comuni”, cioè pistole da difesa personale, fucili da caccia e per il tiro sportivo, carabine e fucili a pompa per impiego sportivo e difesa abitativa. A volte, dato lo scopo di queste armi, la militarizzazione e la produzione di armi in Italia non viene considerata negativamente come quella statunitense o cinese. Nonostante ciò, il nostro Paese si trova tra i primi nella lista degli esportatori mondiali – vedi Maps | Esportazioni ed importazioni armi 2018-2022 – IRIAD – Archivio Disarmo e l’italiana Leonardo si conferma la prima azienda dell’UE per vendita di armi.

In diritto internazionale, l’Italia è attiva in tutti i regimi internazionali di controllo delle esportazioni di: armi convenzionali (Wassenaar Arrangement), armamento nucleare (Nuclear Suppliers’ Group), armamento bio-chimico (Australia Group) e missilistico (Missile Technology Control Regime).

Sempre in materia armi “da casa”, il Comitato Direttiva 477 nasce nel 2015 per opporsi all’omonima direttiva europea ed è un’associazione non riconosciuta che ha come obiettivo quello di tutelare i diritti dei legali detentori di armi. Trasformata in UNARMI nel 2019, dopo avere assunto il nominativo di associazione di promozione sociale, diventa a tutti gli effetti un gruppo lobbistico legato a doppio filo con NRA (National Rifle Association), la potentissima lobby delle armi capace di influenzare le decisioni del governo americano. Ma non inoltriamoci nel tema con gli Stati Uniti, che hanno una lunga storia e ampio dibattito sul disarmo, disarmo nucleare ed armi comuni.

La lobby delle armi in Italia si compone principalmente di tre gruppi indipendenti ma oggi saldamente uniti: lз produttorз e rivenditorз di armi radunatз nelle loro associazioni di categoria (Anpam, ConArmi e AssoArmieri), le riviste e i siti specializzati del settore delle armi (“Armi e tiro”, “Armi magazine” e tra i siti Gunsweek.com) e gruppi e associazioni di appassionatз radunatз per il comune obiettivo di difendere degli autoproclamati “diritti” deз legali detentorз di armi.

Cosa dice invece l’Unione Europea?

Nel 2003 è stata adottata la Strategia Europea di non proliferazione delle armi di distruzione di massa. Successivamente, la posizione comune del Consiglio europeo datato 2008, ha specificato che l’UE si impegna ad impedire l’esportazione di tecnologia e attrezzature militari che possano essere utilizzate per la repressione interna o l’aggressione internazionale o contribuire all’instabilità regionale. Tuttavia, l’Unione Europea si è lanciata in programmi assai impegnativi di militarizzazione, specialmente nell’ultimo periodo. Il Fondo europeo per la difesa ammonta a 7,9 miliardi per la ricerca e la produzione di nuove armi nel periodo 2021-2027, mentre per stesso periodo il Fondo europeo per la pace stanzia 12 miliardi per aiuti militari fuori dalla UE. Nonostante ciò, è bene sottolineare che il Fondo europeo per la pace può essere inteso come sostitutivo del meccanismo Athena e del Fondo per la pace in Africa, quindi focalizzato sulla difesa e la sfera militare dei finanziamenti europei.

I nuovi finanziamenti per la sicurezza vanno a nutrire il complesso industriale europeo della sicurezza, tanto da mettere in crisi la sua capacità produttiva, che quindi ha bisogno di reclutare nuovo personale e di ancor più finanziamenti, magari prendendoli dal Fondo Sociale. Rimane quindi scarsa la trasparenza in ambito militarizzazione.

Inoltre, da considerare è anche il traffico di armi che riguarda la regione dei Balcani Occidentali e interessa tutta l’Unione Europea. Grande attenzione si è posta in Serbia dopo che un ragazzo ha aperto fuoco in una scuola primaria di Belgrado nell’estate del 2023, ma è un problema che va avanti da anni. Si stima che all’incirca sei milioni di armi di piccolo e medio calibro siano ancora in circolazione nella regione dalla fine degli anni ’90 ed è noto che molte di queste continuino ad entrare in territorio europeo attraverso la Rotta Balcanica.

Inoltre, si calcola che con solo il 10% della spesa militare mondiale dal 2015 al 2030 si sarebbero potuti raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibili o quanto meno i principali tra essi, cioè eliminare la fame, l’accesso all’acqua per tuttз, l’accesso alla sanità universale e all’istruzione universale.

Per questo motivo, la DDR – dall’inglese Disarmament, Demobilization and Reintegration – è una strategia elaborata e applicata a diversi casi che sta dando i suoi effetti, ad esempio in Colombia con le FARC. La DDR va anche a prevenire eventuali escalation dei conflitti. Si compone di una serie di azioni utili per ripristinare la pace in uno Stato attraverso attività con focus comunitario: disarmo collettivo, decostruzione del conflitto e soprattutto reintegrazione dei combattenti nella comunità civile.

Tutto questo è però vano se l’Unione Europea, e di conseguenza anche il nostro Paese, decide di aumentare la produzione di armi. Manca coerenza e trasparenza su questo fronte, fattori determinanti per garantire la pace nei paesi in conflitto e prevenire la guerra nel continente europeo.

Fonti:

Il business delle armi, in Italia dal 2013 si è speso il 132% in più in armamenti: un miliardo investito nella Difesa crea 3mila posti di lavoro, nell’educazione 14mila, 10mila nell’ambiente – la Repubblica

https://europa.today.it/economia/leonardo-italia-vendita-armi-sipri.html

https://www.worldsocialagenda.org/4.-Pace-e-disarmo/

https://www.analyticaintelligenceandsecurity.it/wp-content/uploads/Marchionna.pdf

https://www.wired.it/attualita/politica/2018/09/14/lobby-delle-armi-italia/

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