Al momento stai visualizzando La Grande inchiesta del porno francese di Le Monde

La Grande inchiesta del porno francese di Le Monde

L’inchiesta, partita da Le Parisien, “coinvolge le più grandi società francesi di distribuzione di film #porno e riguarda una particolare categoria di video: i “porno pro-am” che accanto a dei professionisti presentano persone che non lo sono” (Il Post).  Questi video, spiega Le Monde, sono il risultato di un sistema di violenze e di abusi molto elaborato: «Era uno stupro mascherato da video».  Due anni di indagini, più di 500 sospettatз, 53 vittime e l’industria del porno francese: in un’inchiesta in quattro parti, “Le Monde” decifra uno dei più grandi casi di violenza sessuale della storia. L’inchiesta permette di sezionare la realizzazione di questi video ampiamente condivisi, falsamente presentati come “porno amatoriale”, che sono in realtà stupri commessi sulle giovani donne.

“I magistrati hanno cominciato a indagare su alcune piattaforme accusate di una lunga lista di violenze severamente punite dal codice penale e dalle convenzioni internazionali: tortura, stupro, abuso di vulnerabilità, sfruttamento, prostituzione, traffico di esseri umani, incitamento all’odio, insulti sessisti, lesbofobi e razzisti” (La Repubblica)

Le donne sono state adescate facendo leva sulla loro storia di vita: percorsi di vita complessi e disagio socio-economico. 

La figura centrale di questa inchiesta (o meglio, una delle tante) è Julien D, un uomo quarantenne residente a Reims, sposato e padre. Il concetto chiave è che egli aveva un profilo falso sui social: “si nascondeva dietro al profilo di una modella di successo” (IlPost). A partire dal 2012, grazie a questo profilo fake, Julien D, aveva contattato centinaia di giovani donne diventando una persona di fiducia con cui avere un contatto praticamente quotidiano. «Questa persona è riuscita a raccogliere molte informazioni su di me per manipolarmi e farmi sentire che eravamo vicine e più o meno uguali» ha dichiarato una delle donne coinvolte. Julien D. era un consumatore assiduo di porno e in particolare dei video prodotti da Pascal OP, un regista sessantenne razzista, omofobo, misogino e violento produttore di “French Bukkake”. Julien D. con la sua identità femminile entrò in contatto con lui e diventò uno dei suoi principali reclutatori (IlPost). Julien D. presentava alle donne reclutate la possibilità di diventare escort, come soluzione ai problemi della loro vita. “Bastavano pochi incontri con uomini piacenti e ricchi per guadagnare migliaia di euro” (IlPost): «Prende il controllo del mio cervello, mi mette le cose in testa, mi manipola completamente. (…) Inizio ad abbassare la guardia, gli chiedo: “Sei sicuro?” Comincio a credere nelle sue soluzioni», ha raccontato una delle donne coinvolte.

“Le testimonianze delle cinquantatré vittime (che non avevano mai considerato, e tutte lo ripetono con insistenza, la prostituzione come una soluzione ai loro problemi), sono molto simili” (IlPost): «Per molto tempo non l’ho considerata una cosa adatta a me e non credevo di poterlo fare. Era lei (cioè Julien D) che mi contattava quasi tutti i giorni per dirmi che era andata a letto con più uomini in un solo giorno e che aveva guadagnato 2.000 e 3.000 euro. Non mancava mai di raccontarmi che era super facile, super figo e che durava dieci minuti».

Dopo il reclutamento, veniva la fase successiva: alle donne veniva inviato il contatto di Sébastien Laurent, che in realtà era sempre Julien D. Tecnicamente, Sébastien Laurent era il titolare di un’agenzia di escort. Egli invitava le donne a incontrare i clienti in cambio di migliaia di euro. “L’indicazione data a queste donne era di andare a Reims e di prenotare, tutto a spese proprie, una camera d’albergo. Dopo la prestazione sarebbero state pagate da un corriere” (IlPost). In queste camere d’albergo di fascia media, le donne adescate incontravano tutte lo stesso cliente: Julien D. che aveva con loro un rapporto violento e non consensuale.

“Come spiegano le esperte e gli esperti di questo tipo di abusi, il primo stupro messo in pratica dal reclutatore ha una funzione ben precisa: si tratta di una sorta di iniziazione per vincere la resistenza delle vittime e ottenerne la sottomissione sia fisica che psicologica” (IlPost). Héloïse: «Era molto violento. Alla fine avevo lividi dappertutto. Mi sentii come se stesse cercando di distruggere il mio corpo». Soraya: «Baciare era l’ultima cosa che potevo tenere per me, ma anche questo era riuscito a portarmi via».

Immediatamente, non appena il cliente era uscito dalla stanza, le donne ricevevano un messaggio dove veniva comunicato che il corriere che avrebbe dovuto pagarle era stato arrestato: avrebbero dovuto cancellare tutti i messaggi e lasciare l’hotel. Le donne quindi erano state sia stuprate sia truffate. La prima (e unica) persona da cui queste donne sapevano di ricevere comprensione e ascolto era proprio Julien D. nella sua identità femminile, cioè Axelle, la famosa modella. «Dopo la mia esperienza a Reims ero distrutta, ancora più sola, e c’era solo lei a rassicurarmi», dice Héloïse. Axelle, cioè Julien D., forniva una sorta di servizio post-vendita per i suoi stessi abusi: “il boia e lo strizzacervelli”, per usare l’espressione di una delle donne coinvolte, scrive Le Monde.

A quel punto, a queste donne sempre più vulnerabili e sempre più indebitate, Axelle proponeva una nuova soluzione. Diceva di essere in contatto con un regista di film porno «molto figo», che lavorava per un sito riservato a pochз iscrittз e con sede in Canada. Questo lavoro era pagato meno della prostituzione, ma comunque dai 500 ai 1.000 euro. Questa nuova attività, spiegava Axelle, avrebbe distolto queste donne dal pensiero dello stupro subíto e avrebbe fatto recuperare loro il controllo sul loro stesso corpo. Axelle metteva dunque in contatto le donne con il produttore “Pascal OP” (IlPost). 

Imane, dopo essere stata adescata da Axelle, accettò di realizzare un video per “Pascal OP”. Le condizioni: un unico partner, rapporti limitati alla penetrazione vaginale e alla fellatio, con preservativo. Le venne anche assicurato che il video sarebbe stato pubblicato esclusivamente sul sito canadese. “Pascal OP” le fece innanzitutto girare un video in cui lei dichiarava di essere consenziente e di non aver fatto uso di alcol o di stupefacenti. Poi, la portò in un appartamento di Parigi dove le condizioni vennero rispettate. Dopodiché la convinse e la spinse a girare altre scene di sesso anale, stavolta con due uomini.

“Pascal OP” riuscì anche a portare Imane a casa sua, la trascinò in una stanza e la costrinse a un rapporto sessuale: si rifiutò di pagarla e le ordinò infine di lavare i piatti.

I ricordi di Imane, scrive Le Monde, sono frammentati: nella sua testimonianza ha parlato anche di un video girato in macchina, di un altro fatto in un appartamento di Parigi con tre uomini («Soffrivo, gliel’ho detto, ma a loro non importava. Lì, mi hanno fatto di tutto, insieme, doppia penetrazione, sodomia… mi hanno costretta, mi hanno appoggiato la testa a terra e hanno continuato»). Ha raccontato che il produttore era molto aggressivo, che l’aveva minacciata di morte e che prima di lasciarla tornare a casa, a Marsiglia, l’aveva costretta a girare un’ultima sequenza, il pezzo forte dei suoi video: il bukkake, una pratica sessuale di gruppo in cui decine di uomini eiaculano sulla stessa donna.

«Era un capannone in una vecchia discarica di automobili. All’interno, circa 40 persone incappucciate aspettavano. Mi ha detto: “Questi ragazzi dei quartieri sono qui per farti del male”. Era un incubo. Dovevo mettermi in ginocchio, toccare tutti, lasciarmi fare di tutto». Nessuno aveva il preservativo. Alla fine Imane venne lasciata andare e non venne mai pagata. Altre donne, come lei, vennero pagate in contanti, ma con cifre inferiori rispetto a quelle pattuite.

“Pascal OP”, davanti al giudice per le indagini preliminari, ha contestato tutti i fatti, spiegando che le donne delle sue produzioni erano state tutte retribuite, che nei video «sorridevano», e che potevano andarsene in qualsiasi momento. Dalle analisi del capello di alcune di queste donne risultano tracce di zolpidem, un ipnotico, e molte hanno dichiarato di essere state costrette a bere e ad assumere droghe. Risulta anche che “Pascal OP” facesse uso di un software per produrre falsi test per le malattie sessualmente trasmissibili: diverse donne le hanno invece contratte e si sono dovute rivolgere a un ospedale (IlPost).

I video degli stupri e di tutte le attività non consensuali sono stati pubblicati e tutt’ora si trovano sui siti porno in streaming di tutto il mondo. Sono stati visti da centinaia di migliaia di persone. Noi di Eduxo abbiamo provato a fare questa ricerca giusto per capire “l’ampleur” e la gravità della cosa, e vi diciamo che è seriamente grave. Vi consigliamo però di non guardare questi video, frutto di violenza e di mancanza di consenso.

“Molte di loro si sono rivolte a “Pascal OP” per chiedergli di cancellare i video e il produttore, per farlo, ha chiesto loro dei soldi: il prezzo, circa 2.500 euro, comprendeva la rimozione dal sito “French Bukkake”, ma non dagli altri siti che li avevano già acquisiti. Alcune di loro si sono indebitate per pagare queste cifre. «Un’umiliazione suprema» per le vittime, scrive Le Monde: si sono ritrovate a finanziare il video «della loro tortura»” (IlPost)

Nel reportage di Le Monde viene raccontato come le vittime hanno dovuto fare fronte anche ad un altro tipo di violenza ancora più inaspettata: la violenza istituzionale. La prima donna che ha deciso di denunciare (seguita poi da altre 52 donne, ma ci si aspetta che le vittime siano molte di più), si è vista chiudere numerose porte in faccia: secondo tutte le prime autorità con cui ha parlato “non c’era niente che potessero fare”. «Tutti mi hanno fatto capire che un’attrice porno non può essere stuprata» dice la donna. 

Le Monde scrive che questa vicenda mostra anche le difficoltà delle istituzioni giudiziarie francesi ad affrontare la questione della violenza sessuale. 

Nella primavera del 2020, a Parigi venne aperta l’inchiesta su “Pascal OP” e sui suoi complici, ma in tutto il paese erano già state depositate, da anni, decine di denunce che erano state ignorate (IlPost). 

Le 53 vittime ascoltate in questo caso testimoniano tutte lo stato di degrado psicologico in cui si sono trovate. Alcune di loro hanno pensato al suicidio. La maggior parte di loro non può più sopportare che un uomo le tocchi. Altre non sono in grado di avere una relazione. “Ho rinunciato alla mia vita di donna (…), ho rinunciato a una vita familiare, che era il mio sogno all’inizio”, descrive semplicemente Hélène.

La pornografia stigmatizza le donne e scredita le loro storie. A Reims, la città natale del reclutatore, Julien D., almeno tre donne hanno sporto denuncia. Un caso è particolarmente interessante: quello di Jennifer. Nel febbraio 2019, ha presentato una denuncia contro il quarantenne, dopo essere stata violentata, secondo lei, in un hotel. Julien D. è stato interrogato alla stazione di polizia per “stupro” e sfruttamento della prostituzione”. Il 2 luglio, è stato messo in custodia dalla polizia e “ha ammesso di aver usato lo pseudonimo di Axelle Vercoutre e di aver ingannato almeno dieci donne facendole venire a Reims in un hotel per avere rapporti sessuali con loro. Non pensava di commettere alcun reato”, ha scritto la polizia. Jennifer fu chiamata da un ufficiale che le disse che l’uomo era stato arrestato e che non l’avrebbe più fatto. “Mi sono arrabbiata e lui mi ha detto che non c’era più niente da fare, che il caso era chiuso”. Infatti, alla fine della procedura, nonostante l’incriminazione dello stupro e il fatto che lo stesso intervistato avesse ammesso i fatti, il pubblico ministero ha deciso su una semplice convocazione di un ufficiale di polizia giudiziaria a comparire davanti al tribunale di polizia, che lo ha condannato a una multa di 1.000 euro per aver fatto ricorso alla prostituzione. “Sapere che dopo ciò lui ha continuato a reclutare donne mi fa star male”, dice Jennifer.

Contattato da Le Monde, il procuratore di Reims, Matthieu Bourrette, ha difeso la decisione del suo ufficio. Per lui, non c’era “sorpresa”, uno dei quattro criteri per qualificare uno stupro in Francia – mentre promettere un rapporto contro pagamento e poi non pagare può essere assimilato a sfruttamento della prostituzione. “Abbiamo quindi fatto l’analisi che quest’uomo stava usando uno stratagemma per ottenere favori sessuali, non in una logica di rete, né con mezzi forzati, ma da solo, da qui la scelta della qualifica penale, e l’orientamento dato al caso al momento. Le altre due denunce non sono state trovate, le altre nove vittime non sono state cercate e Julien D. ha continuato ad essere Axelle Vercoutre.

Fu solo nella primavera del 2020 che due gendarmi parigini presero il caso e la questione venne finalmente alla luce. Il 13 ottobre 2020, una prima ondata di arresti e perquisizioni ha portato al sequestro dei rush del sito francese Bukkake. Fino alla nausea, lз investigatorз hanno guardato 135 ore di filmati, documentando i rifiuti delle donne, la mancanza di consenso, la violenza visibile sullo schermo – tutti elementi che potrebbero qualificarsi come stupro. Non è più un caso di passaparola, ora ci sono prove filmate.

In detenzione, Julien D., il reclutatore di Reims, si tiene occupato scrivendo lettere. Pagine e pagine in cui si scusa con la moglie e la famiglia e si sforza di capire perché è lì. “Quindi sì, ho truffato, ho causato inganno, ho fatto male, moralmente, ma no, non ho stuprato. (…) La polizia disse a mia moglie che ero una specie di mostro manipolatore, stupratore e pervertito. (…) Sono mescolato con persone vili, stupratori, pedofili, non ho niente da fare qui”, insiste. Sua moglie infine ha chiesto il divorzio.

Allo psicologo esperto che è venuto a interrogarlo nella sua cella, Pascal Ollitrault ha affermato che il sesso e i suoi cani sono le sole cose che gli interessano: “Il resto non mi interessa”. Quando gli si chiede se la sua incarcerazione sta andando bene, è felice di avere una doccia individuale. È una delle celebrità del posto: gli altri detenuti, consumatori di porno, hanno riconosciuto “Pascal OP”, la star del Bukkake francese, nei corridoi.

In conclusione a questo articolo, è doveroso ricordare cos’è il consenso. Il consenso è l’accettazione di impegnarsi in un’attività sessuale con qualcunə. Prima di adottare un qualsiasi atteggiamento o comportamento sessuale, è sempre necessario sapere se l’altrə voglia esserne destinatariə e/o intraprendere quel tipo di attività a sua volta. Più semplicemente lo si può vedere come un accordo tra le parti in cui ciascuno determina i propri confini personali e rispetta quelli də altrə.   Senza consenso ogni tipo di attività sessuale è considerata violenza sessuale o stupro.

In questo processo stiamo vedendo come il fenomeno di victim blaming sia molto frequente: questo consiste nella colpevolizzazione della vittima per il comportamento illegittimo che ha subito, in particolar modo molestie, violenze sessuali, stupri, fino ad arrivare all’omicidio (femminicidio, nella maggior parte dei casi). Nello specifico, la colpevolizzazione avviene concentrandosi su cosa possa aver fatto la vittima per agevolare il reato, anziché sul reale atto di chi l’ha commesso. Accuse di questo tipo insinuano nella vittima dubbi su ciò che è realmente accaduto, facendola sentire responsabile per ciò che ha subito – e tutte le conseguenze psicologiche che questo comporta. Si punta il dito su chi ha subito la violenza, ma la responsabilità non è mai della vittima.

Il movimento femminista francese Osez le Féminisme ha deciso di costituirsi parte civile in «questo processo storico», accompagnando alcune delle vittime e offrendo loro un sostegno psicologico, sociale o legale. “C’est un procès historique qui se prépare pour enfin obtenir justice pour toutes les victimes de pornocriminalité. Osez le Féminisme ! s’est portée partie civile au procès et luttera sans relâche contre l’industrie pornocriminelle”. 

FONTI:

L’inchiesta integrale qui (in francese): https://www.lemonde.fr/societe/visuel/2021/12/15/viols-en-reunion-traite-d-etres-humains-proxenetisme-l-enquete-qui-fait-trembler-le-porno-francais_6106153_3224.html

https://www.lemonde.fr/societe/visuel/2021/12/15/viols-en-reunion-traite-d-etres-humains-proxenetisme-l-enquete-qui-fait-trembler-le-porno-francais_6106153_3224.html

Le porno et la mécanique des larmes. Le Monde. Dec 17 2021:29.

https://www.proquest.com/newspapers/le-porno-et-la-mécanique-des-larmes/docview/2610355055/se-2?accountid=9652.

Les supplices multiples de l’internationale du porno. Le Monde. Dec 18 2021:1

https://www.proquest.com/newspapers/les-supplices-multiples-de-linternationale-du/docview/2610797680/se-2?accountid=9652.

https://www.ilpost.it/2021/12/24/inchiesta-abusi-porno-francese/

https://www.repubblica.it/esteri/2021/12/16/news/inchiesta_le_monde_industria_porno_francia_pornografia-330397562/

Qualche articolo di Eduxo che ti consigliamo di rileggere:

Lascia un commento